CIAO BELLA

CIAO BELLA
istruzioni per un buon risveglio

foto Jacopo Quaranta
































di e con Elvira Frosini
 
drammaturgia Elvira Frosini
disegno luci Ilaria Patamia e Marco Fumarola
voce registrata Marco Fumarola
foto Jacopo Quaranta, Michele Tomaiuoli
progetto grafico Dario Aggioli
produzione Kataklisma


si ringraziano: Centro di Documentazione Teatro Civile, Armunia, Teatro Rebis di Macerata, Teatrombelico dell'Aquila, spazio Hangar Ancona, Daniele Timpano, Alessandra Di Lernia


Una sola persona in scena. Una donna vestita di bianco e di rosso. Uno sguardo ironico, divertito e desolato sulla Bella Addormentata come metafora di questi tempi offuscati, patinati e narcolettici. Il titolo richiama il nome dell'ultima festa romana del partito democratico, ex festa dell'Unità, tragica inversione dei termini consueti di origine partigiana: "Bella ciao". Procedendo per accumulazione di linguaggi, slittamenti, associazioni, ellissi, il lavoro si muove tra la fiaba e Beatiful, tra slogan politici e jingle, consigli per gli acquisti e chat da rotocalco, sullo sfondo della fine della Storia.

La Bella Addormentata non ha più davanti l'orizzonte del risveglio?
Chi la sveglierà? Un ranocchio, un principe, un generale, un top manager, un Presidente del Consiglio, un presentatore, un assassino, uno slogan politico?
In questo sonno la performer incastra azioni, trasla posizioni, incarna immaginari posticci, posture, cliché, intavola piccoli dialoghi con il pubblico, inscena a più riprese tentativi di risveglio, chiusa nel reticolato di oggetti/feticcio che ne determinano l'esistenza nello spazio vuoto della scena.
La figura-archetipo della Bella Addormentata si diluisce, si espone, si banalizza, diviene il desolato simulacro di questa melma zuccherina e asfittica, di questo Bel Paese tronfio e sonnolento che ha nella mascherata avanguardia mediatica, nella reiterazione, nella copia, nel jingle, i cardini di un efficiente sistema di controllo sociale, politico, artistico. La Bella Addormentata è il nostro tempo, senza orizzonte di risveglio. 

Primo lavoro della "Trilogia della Perdita / Corpo a Perdere"
E' la perdita del rapporto con il tempo e con il futuro, la perdita di un orizzonte e di una prospettiva, appiattiti in un presente eterno.


foto Michele Tomaiuoli


Gazzetta di Parma
di Valeria Ottolenghi 
foto di Michele Tomaiuoli
Un percorso di ricerca tra il teatro danza e la denuncia ironica per questi tempi difficili, nominato a tratti anche il presidente del consiglio: in Ciao bella - istruzioni per un buon risveglio di/con Elvira Frosini , che firma anche drammaturgia e regia, produzione Kataklisma , presentato a Teatro No, l'interprete, vestita di bianco, con guanti e scarpe rosse, sperimenta posizioni instabili, strani equilibri, immaginando metafore diverse per il corpo, che è figura femminile curiosa di sé, ma anche altro, nell'incertezza sempre, qualcuno/qualcosa che deve ri/trovare la propria identità dopo un lungo sonno.
Voce esterna: forse neppure la morte permette la totale immobilità, “visto l'incessante lavorio delle molecole che viaggiano verso la decomposizione”. Se ogni cosa deve mutare, tutto scorre, possibile scegliere una condizione nuova, differente? Pochi oggetti in scena: un piccolo dinosauro bianco con una corda/guinzaglio rossa, lo stesso colore del cuscino che servirà per sperimentare la maternità (anche questa simbolica: cosa potrà nascere di nuovo?), una piccola borsetta con il titolo dello spettacolo, Ciao bella. Frequenti le situazioni buffe, il pubblico disponibile al divertimento, alla risata complice. La maledizione del fuso e della morte, l'intervento della fata buona che tramuterà quella fine in giovane età in tempo sospeso: qualcuno infine sarebbe giunto per il bacio del risveglio, qui figura indefinita, Uno. E' con la canzone “Sono una donna non sono una santa” che iniziano esperienze fisiche di volo/nuoto a terra. Sguardi ironici verso il pubblico. Le note di “Bella ciao”. Il Premier sveglierà il paese? Intanto s'intrecciano episodi di Beautiful con passaggi narrativi della “Bella addormentata”, un nuovo inizio, con il re e la regina che desideravano da molto tempo un figlio. Suggestivi alcuni passaggi di teatro danza, diversi stati da cui osservare il mondo. E' ora di svegliarsi? “Sono passati mille secoli”. Caramelle: da mangiare, da tirare al pubblico. Rumori d'elicotteri, di esplosioni...


Alfio Petrini
retididedalus.it
foto Jacopo Quaranta
Ciao bella” ovvero come risvegliare quella Bella Addormentata del teatro odierno.
Il nuovo, pregevole spettacolo della regista e danzatrice-performer capitolina, con il rovesciamento semantico-politico del titolo, ha il merito di metaforizzare sia la condizione delle tante ragazze contemporanee, precarie e assopite, in lizza soltanto per un posto al call-center o un impiego da ‘veline’ spogliate in qualche pubblicità. Sia allude al ‘sonno critico’ di gran parte del teatro e della drammaturgia di questi anni, ripiegati sull’intrattenimento vuoto di stimoli e incapaci di riattivare scintille di follia visionaria e creativa. Dal particolare al generale. Dalla visione di uno spettacolo procedo per significati metaforici di rimbalzo alla ricerca teorica del teatro addormentato nel bosco, senza avere l'aspetto del rospo vagabondo e il potere di ridestarlo.
Lo spettacolo è Ciao bella, di Elvira Frosini, vestita di biancospino, con borsetta, guanti e scarpe di color rosso, e un piccolo dinosauro che alla fine trascina con passettini incerti verso un ignoto futuro. Artista impegnata nel teatro-danza, la Frosini ha il merito di fare discorsi politici con leggerezza, ironia e competenza. Brava e convincente, anche perché convinta del fatto che un artista non debba mai spiegare e risolvere nel processo di formalizzazione i conflitti sociali, politici o culturali. La tesi, che risale a Engels, è ora largamente condivisa. Rimanda a quella opposta e contraria di Lenin, il quale riteneva che l’arte dovesse essere al servizio dell’ideologia rivoluzionaria comunista.
Bella ciao: ciao bella. La Frosini inverte le parole per cambiare il significato della combinazione e lavora sulla metafora. Bella ciao è il saluto di chi si oppone, resiste, lascia la casa per andare a combattere contro “l’invasore”. Ciao bella, è invece il saluto di un maschio che abborda una ragazza all’angolo della strada, oppure, se la vogliamo metterla in modo romantico, che si china dolcemente su di lei mentre dorme. Perché la ragazza è bella e addormentata. Sta soprattutto in posizione orizzontale, simulando anche un improbabile nuoto/volo. E quando si tira su appare in posizione precaria. Dunque: bella, addormentata e precaria. Precaria come migliaia di ragazze dei call center, dei premi di bellezza, della pubblicità ingannevole, dei concorsi per “veline” o per indossatrici, delle liste di collocamento al lavoro o per l’assegnazione di una casa. Precaria e soporifera come la droga mediatica. Precaria e ambigua come la politica che insegue i problemi invece di prevenirli, senza etica, coerenza, fattualità riformatrice, utopia concreta.[...] 

Sergio Lo Gatto
klpteatro.it
foto Jacopo Quaranta
Scena buia, spoglia, fredda, con qualche macchia di colore: un cuscino di raso rosso e una cordicella, pure rossa, che tiene a guinzaglio un piccolo dinosauro bianco. Elvira Frosini indossa una sottoveste bianca, scarpe rosse, borsa abbinata. Il suo è un corpo magro e nervoso; folti, i riccioli neri spariscono al contrasto con il fondo. Resta il riflesso di una carne che si muove con grande rigore. In questo angolo buio, questo cunicolo della coscienza che ci restituisce una realtà distorta in cui cenni al passato del “presidente” si mescolano grottescamente alle vicende di Brooke, Taylor e Nick di “Beautiful” (curiosamente, “Bella” in inglese), l'unico personaggio in scena è una Bella Addormentata che non riesce a svegliarsi. Persa in un dormiveglia fatto di movimenti nevrotici e voce cantilenante, aspetta un nuovo giorno che non arriverà e preferisce il sogno. Coprendo l'orrore di questa verità con generosi spruzzi d'ironia, questa Sleeping Beauty aspetta non a riposo, ma schiacciata da un'iperattività di nervi tesi. “Ciao Bella” porta il segno di un grande lavoro sul corpo, con il corpo, per il corpo.[...] Saranno gli sguardi al pubblico, grotteschi e inquietanti, sarà una voce sottile che parla a se stessa nel buio, sarà quel criptico dinosauro che ci dà le spalle in proscenio come pronto a divorare tutta la scena, Frosini agisce e tiene l'attenzione.

Claudia Donzelli
teatroteatro.it
foto Jacopo Quaranta
Uno spettacolo di iniziazione, a metà strada tra clownerie e postmoderno.
La “Bella”, addormentata, ci interroga sulle “istruzioni per stare al mondo”, in attesa di una maturità che tarda ad arrivare, così come il principe, il ranocchio, o semplicemente “Uno” che venga a svegliarla dal suo torpore, sia esso operaio, manager, assicuratore, o forse solo “un bravo ragazzo”, come ci si augura, dubbiosi. [...]
Elvira Frosini fa vivere al pubblico la sua stessa attesa che qualche cosa di rilevante abbia luogo, oscillando tra un possibile risveglio e un altro, procedendo a tentoni tra informazioni che, con innumerevoli interferenze, si mischiano promiscue alle fiabe, alle telenovele, alla politica del premier, che “dice che sveglierà il paese”.
Esplorando una dialettica del risveglio, “Bella Ciao”, campionata in sottofondo, diviene “Ciao Bella” scritto nei caratteri della Coca Cola sulla borsetta rossa colma di caramelle, delle quali riempirsi per sopperire al vuoto dietro gli occhiali scuri, o da lanciare sul pubblico di “italiani”, come lei inermi, come lei perplessi e bombardati di notizie e prodotti vari.
La fanciulla, come ogni fanciulla che si rispetti, si pone domande sul ciclo, sulla fertilità, sulla gravidanza, sull’inseminazione artificiale - la bocca “a mezzo schifata” - e poi si scatena con movenze imitate dai programmi tv.
Ammiccante o imperscrutabile, supina o a testa in giù, si avvia infine verso il buio, mentre la guerra copre il fiabesco finale.


Laura Khasiev
close-up.it
foto Jacopo Quaranta
Una donna in scena, che disegna movimenti col corpo, comunica con la sua anima e lascia qualche parola qua e là, per tracciare l’evoluzione femminile, il percorso della Bella addormentata, o più semplicemente i disagi dell’individuo nella nostra società? Molti i quesiti che pone questo spettacolo, poche le certezze. Sicuramente non si potrà fare a meno di rifletterci su. Ci si chiede chi sveglierà la Bella addormentata, un principe o un ranocchio, un top manager o il Presidente del Consiglio? Assume un taglio postmoderno, quindi, anche il nucleo della celebre fiaba di Perrault. Tutto questo è incluso in uno spettacolo prettamente postmoderno e liquido come Ciao Bella, titolo preso dalla nota canzone in onore dei partigiani e dall’ultima festa del Partito Democratico. Titolo “drammaticamente” capovolto per narrarci, attraverso una metafora, le contraddizioni che caratterizzano la nostra epoca. Storia e contemporaneità si incontrano in una rappresentazione ricca di contenuti. Il corpo la fa da protagonista, ma non senza fondersi con altri linguaggi, collaudati da musiche che vengono da repertori più o meno noti. Elvira Frosini, competente performer del teatro danza, ci intrattiene con ammiccamenti, provocazioni continue, per raccontarci un degrado che forse riguarda tutti e davanti al quale spesso voltiamo le spalle, perché troppo duro da accettare. Un’evoluzione che è forse un’involuzione? La donna, che dai tempi dei tempi ha dovuto affrontare battaglie per riscattare se stessa ma che comunque resta l’icona della purezza, della fragilità, delle mille contraddizioni che la contraddistinguono dall’uomo. La donna che continua a camminare in questa vita, attraverso i passi di mille donne, la donna che in alcuni casi è ancora costretta a subire ingiustizie e discriminazioni, in questa messa in scena si prende la sua rivincita, attrae a sé lo spettatore con movenze feline ed affascinanti e arriva al suo obiettivo. Danza che diviene opportunistica, fatta per raggiungere un scopo ben più alto di quello del semplice mostrarsi e mostrare le proprie qualità fisiche. Elvira compie con i suoi balletti una vera e propria protesta, esteriormente qualificata dal sorriso e dalla grazia femminile, ma nel suo agire veemente e forte. Forse non tutti gli spettatori sono in grado di comprendere il vero messaggio intrinseco in quest’opera postmoderna, fatta da mille sfumature e da messaggi impliciti che pochi sono in grado di cogliere. Probabilmente è anche questa la sua forza, il lasciare perplessi coloro che non sono così dentro al circuito teatrale da sentirsi a disagio sviluppando quella curiosità che inevitabilmente li spingerà ad andare avanti nella conoscenza di un genere troppo poco noto e riconosciuto, ma non meno importante di quello canonico. Ciao Bella si pone, quindi, come un quadro astratto. Lo spettatore può comprenderne tutti i segni o soltanto alcuni, ma può comunque goderne come di un qualcosa che lascia il suo segno artistico, un segno che non si dimentica.





Renata Savo
Scenecontemporanee.it, gennaio 2013
“Neanche quando si è morti”, in quel sonno profondo dei sensi, “si resta mai completamente immobili. C’è sempre il movimento delle molecole che si decompongono”. E in piedi Elvira Frosini enfatizza con visibile oscillazione del corpo la sua apparente immobilità, come per simulare un equilibrio precario del suo gracile corpo. In Ciao Bella, titolo che nasce dall’inversione delle parole della nota canzone e si trasforma nel saluto leggero che gli sconosciuti porgono alle ragazze carine, di “bella” ce n’è una in particolare, quella della fiaba di Perrault e del balletto musicato da Tchaikovsky. Belle addormentate di oggi sono tutte quelle donne un po’ svampite ed egocentriche, “emancipate” nel senso sbagliato, perché scelgono di rinunciare alla vita per vivere il “sonno”. Donne sole che non aspettano principi. E principi che preferirebbero evitare di presentarsi come tali. Proprio perché neanche durante la morte si è   completamente immobili, la bella presentata da Elvira Frosini non sta mai ferma, viaggia con la mente e danza, in un balletto che non è quello classico, bensì quello di una donna quasi disinibita, sfrontata: Elvira Frosini, infatti, ti osserva mentre è osservata, e si mette in mostra come un corpo in vetrina, perché la donna moderna è libera, forse troppo, e femminista, ma in un senso degenerativo (come quello ritratto in Si l’ammore no, di cui ha curato la regia insieme al marito, Daniele Timpano). La vediamo a un certo punto coricarsi a pancia in giù schiacciando con tutto il proprio peso un cuscino tra l’addome e il vestito, immagine che riflette ovviamente la gravidanza e anche – forse – un aborto, ma Frosini, in quel momento e, in generale, durante l’intera performance, resta continuamente in bilico tra i significati, gioca, sperimenta, si esercita con affettata ingenuità sul modo in cui lo spettatore potrebbe recepire i suoi messaggi. E’ una bella addormentata postmoderna, che ha il pregio di catturare lo sguardo e divertire con la sua sagace ironia, senza mai lasciarsi prendere troppo sul serio. Numerosi i giochi di parole, dalla canzone citata al contrario nel titolo si finisce a parlare di soap opera, ovviamente,  “Beautiful” (“bella”), argomento già dentro Si l’ammore no. Anche altri elementi richiamano lo stesso spettacolo: un vestito bianco con guanti rossi abbinati alle scarpe, un dinosauro al “guinzaglio”, i cliché. Come se partendo dalla relazione uomo-donna approfondita nel lavoro precedente insieme al marito, Elvira Frosini avesse provato a immaginare, con un po’ di sarcasmo, che cosa ne sarebbe stato della donna senza l’uomo. D’altra parte, questa volta la firma è solo la sua.



 



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